giovedì 25 giugno 2009

"Oh deliziosa delizia e incanto!"



Il mio biglietto autografato da Loreena McKennitt a fine serata.

Finalmente l'evento che ho atteso ben 14 anni è arrivato. Ho potuto assistere per la prima volta a un concerto di una delle cantanti che più ascolto, che più amo, che più...PIU'! Loreena McKennitt è sbarcata ieri sera al Teatro Antico di Taormina, primo evento musicale del programma Taormina Arte 2009. Il rischio che tutto finisse in un incubo si 'è presentato fin dal mattino: un'ondata di maltempo ha colpito la costiera ionica siciliana, rischiando di vanificare l'attesa dei fans. Ma in prima serata il cielo ha lanciato messaggi positivi e ha annunciato di non voler perdere un simile avvenimento. Un concerto che in più momenti ha sfiorato (e sforato) i limiti del sublime, grazie all'eclettica musica dell'artista canadese, capace di mescolare sound e culture diverse in un unico mix a base celtica. Sul palco insieme a lei una band di prim'ordine, che vanta artisti internazionali e poliedrici come il grande violinista Hugh Marsh, la splendida e coreografica violoncellista Caroline Lavelle, il chitarrista Bryan Hughes, e poi Ben Grossman all'hurdy gurdy, il batterista Clive Deamer, il bassista Simon Edwards e Stratis Psaradellis alla lira e al liuto greco. Uno spettacolo incredibile, atmosfere surreali, tutte capitanate dalla voce onirica di Loreena e dall'inseparabile arpa. Curiosità anche per i diversi strumenti portati sul palco dai musicisti, una rarità dalle nostre parti: su tutti il succitato hurdy gurdy, il bouzouki celtico, la lira, l'oud.


Tutto ciò insieme alle scenografie impareggiabili del Teatro antico hanno reso i meravigliosi brani più suggestivi che mai. Un caleidoscopio di emozioni iniziato intorno alle 21.45 e conclusosi poco prima delle 23.25. Una scaletta ben costruita che ha compreso diversi brani dell'ultimo album di inediti An ancient muse, più alcuni tra i maggiori successi: apertura sommessa con la splendida She Moved Through The Fair, tratta dall'album di esordio Elemental, che già lasciava presagire l'atmosfera sognante in cui saremmo andati a finire; dopodiché via via si è passati per The Gates of Istanbul, The Mummer's Dance, Bonny Portmore, Marco Polo, The Bonny Swans, Caravanserai, The Mystic's Dream, Santiago, The Lady of Shalott, The Old Ways, Never-Ending Road (Amhrán Duit); dimentico, credo, qualche titolo, a questi però aggiungo la splendida esecuzione di Dante's Prayer, la mia canzone preferita in assoluto, e Penelope's Song, con cui ha concluso la splendida serata.


Brividi (e non solo per la fresca serata). Ma finita la musica ad attendere il pubblico c'era un'altra, graditissima, sorpresa per i circa 3000 mila fans accorsi all'evento da diverse parti d'Italia e non solo. La simpaticissima e disponibilissima Loreena, verso mezzanotte, è uscita da dietro le quinte per salutare e discutere con i pochi rimasti, firmare autografi, e concedere tanti scatti. Personalmente sono riuscito a farmi scattare ben 4 foto insieme a lei, che custodirò gelosamente in saecula saeculorum.
Come ho detto prima ho atteso ben 14 anni prima di poterla ammirare dal vivo, ma l'attesa alla fine ha pagato. Ascolto Loreena McKennitt dal lontano 1995, quando fu invitata come ospite straniero al Festival di Sanremo di quell'anno. In dormiveglia, dopo una serie di sciatterie tipiche sanremesi, ho sentito a tarda ora il brano The Bonny Swans che mi rimase in testa a lungo. Successivamente, durante una vacanza in Francia, potei ascoltare gli altri brani degli album fino a quel momento pubblicati, grazie a una tecnologia fonica che ancora qui non ho mai visto. In un centro commerciale (forse Carrefour, questo purtroppo non lo ricordo...), nel reparto MUSICA c'era un sistema con fotocellula che permetteva, previo l'accostamento del codice a barre sul CD, di ascoltare tutta la tracklist. E fu subito amore! Un amore duraturo, a quanto pare, visto il principio di lacrime che ieri sera ha corrugato le mie gote all'ascolto di alcuni brani. Una gioia incontenibile che solo adesso, frammentariamente, sto riuscendo a raccontare. E perdonatemi se la scrittura a volte può risultare sovreccitata, ma certe emozioni a volte sono difficili da trattenere. La voce celtica riesce a penetrare la mia scorza emotiva, come pochissime cose ormai. Cosa chiedere di più?
La mia posizione da "fiume in piena" mi porterebbe a descrivere ancora e ancora le mille sensazioni che mi hanno investito durante l'intera serata, ma il rischio di prolissità incombe con la sua ombra malefica. Pertanto affido tutto me stesso alle parole alquanto più incisive del "fratellino" Alex, che sapra meglio illustrarvi il mio "piacere impiacentito" qui e qui!

P.S. : Le visioni incantevoli da me slusciate sono state un tantino diverse...



martedì 9 giugno 2009

Angeli, fango e carezze (nella notte senza demoni)

Ieri sera, complice l'assenza di buoni film in TV, sono stato costretto a "consumare" una delle tante videocassette in lista d'attesa, posate (e impolverate) sul ripiano del videoregistratore. Per la precisione ho visionato quella contenente la notte di Fuori Orario del 30 maggio, dedicata (come quella precedente) al regista ispanico Adolfo Arrieta. Notti che inizialmente dovevano essere egualmente divise tra le pellicole dello stesso Arrieta e le pellicole del regista "maledetto" Kenneth Anger; purtroppo quest'ultimo è stato escluso dalla messa in onda per un problema di acquisizione di diritti. Dunque solo Arrieta, pioniere del cinema indipendente spagnolo, autore di pellicole permeate di poesia e accostate, per certi versi, a quelle dell'amico Jean Cocteau. Lunghi silenzi, lunghe pause riflessive, dialoghi striminziti ma fotogrammi incisivi, ne fanno un regista un po' complesso da capire, nonostante l'esile filmografia, ma comunque apprezzabile. Ricorrente il tema degli angeli, che messo in contrapposizione ai demoni di Anger, doveva costituire la tematica essenziale delle omonime notti di Fuori Orario (chissa cosa ne penserebbe Dan Brown...). Alla fine della trasmissione dei tre film di Arrieta come un fulmine a ciel sereno è stato mandato in onda un cortometraggio di tale José Val del Omar, cineasta spagnolo sperimentale, purtroppo poco conosciuto (almeno per me, visto che l'ho sentito nominare ieri sera per la prima volta). Dalle scarsissime notizie che ho potuto ricavare sul web, quasi tutte in lingua spagnola del resto, ho scoperto innanzitutto che Val del Omar è scomparso nel 1982, a causa di un incidente d'auto, ma che fino ad allora era stato uno dei maggiori talenti del cinema iberico. Regista concentrato soprattutto sulla sperimentazione delle immagini, seguendo la sua personalissima tecnica PLAT, Picto-Luminica-Audio-Tattile, con risultati capaci di coinvolgere ogni aspetto della sfera sensoriale. Il corto mandato in onda da Fuori Orario, dal titolo "Acariño galaico (De barro)", Carezza galiziana (di fango), oltre a sconvolgere con sequenze visive fortemente "sensoriali", ricorda molto da vicino certo cinema surrealista, soprattutto del primo Buñuel ("Un chien andalou"). Colpiscono le immagini in negativo, la sequenza col primo piano di un occhio che si guarda intorno, il ricorrere della pietra, possente e inquietante, soprattutto sotto forma di effigi ed edifici religiosi, che assorbe pian piano anche gli uomini, incapaci di resistere. Riesce nell'intento della visione tattile, dunque, alla mescola dei suoni secchi e martellanti che formano con le immagini un mix suggestivo. Il tutto in un clima squisitamente onirico, che ricorda ancora l'avanguardia surrealista. Il film è stato realizzato a più riprese, a partire dal 1961, e mai concluso dal Val del Omar. Il merito di ricostruirlo e completarlo va a Javier Codesal, della Filmoteca de Andalucía, che ha recuperato e montato riprese e suoni, secondo le indicazioni che Val del Omar aveva profilato prima della morte improvvisa. Alcuni siti e blog spagnoli riportano un commento originale e sintetico dello stesso regista su "Acariño galaico" (lascio a voi la traduzione...) :

«Vinimos por el agua – nos hicieron de barro.
El fuego de la vida – nos va secando.
Pasamos la pasión – que nos consume la savia – de la risa y el llanto.
Y al final quedamos – sin gesto – aprisionados.»

[José Val del Omar]

Un'opera dunque che merita pienamente di essere vista e analizzata, e fortunatamente abbiamo la possibilità di farlo anche grazie a YouTube, che la contiene per intero in tre videoclip. Io le ho accorpate in una playlist, per poterla inserire qui in un'unica soluzione. (Buona visione). Per saperne di più, essendo le pagine italiane del web poverissime di notizie su questo originalissimo cineasta, potete consultare un sito ufficiale abbastanza fornito, www.valdelomar.com, scritto in spagnolo e inglese.


giovedì 4 giugno 2009

Parole sante!

Questa canzone è sempre presente nella mia mente, quasi fosse una massima inappellabile, da non dimenticare mai. Ma oggi più che mai è tornata attuale nella mia vita. Pertanto ho iniziato ad ascoltarla e riascoltarla, tante e tante volte, (come avrete potuto notare...), cercando di tatuarla DEFINITIVAMENTE sulla mia pelle, per usarla come monito e, allo stesso tempo, ultimatum...
Ogni singola parola del testo merita vĕnĕrātĭonem aeternam! Ave, dunque, a Domenico Modugno, che nel 1976 ci fece dono di questo brano, ispirato da un lamento in dialetto siciliano, scritto con ogni probabilità dal poeta acese Lionardo Vigo.
In seguito sono nate diverse versioni musicali, registrate soprattutto dai più celebri artisti siciliani. Io ho scelto di postare la mia preferita, quella tutta catanese cantata da i Lautari insieme a Carmen Consoli.

Il testo originale, intitolato Lamento di un servo ad un Santo Crocifisso, potete trovarlo qui. Se invece volete ascoltare la versione originale di Modugno eccovi il link di YouTube.




Malarazza


Un servu, un jornu, stannu ‘nta na chiazza
prijava a Cristu ‘n cruci e ci dicia:
“Cristu lu me patruni mi strapazza
mi tratta comu ‘n cani ppi la via.
Si piglia tuttu cu la so manazza
mancu la vita mia dici ca è mia
distruggila Gesù ‘sta malarazza
distruggila Gesù fallu ppi mia
distruggila Gesù fallu ppi mia”.

Tu ti lamenti ma chi ti lamenti
pigghia lu bastuni e tira fora li denti.

E Cristu ci rispunni di la cruci:
“Chi forsi su spizzati li to’ vrazza
cu voli la giustizia si la fazza
ca tantu nuddu la farà ppi tia.
Si tu si omu e non si testa pazza
ascuta bonu sta sintenzia mia
ca ju ‘nchiuvatu ‘n cruci non saria
s’ avissi fattu zoccu dicu a tia

ca ju ‘nchiuvatu ‘n cruci non saria”.

Tu ti lamenti ma chi ti lamenti
pigghia lu bastuni e tira fora li denti.

martedì 2 giugno 2009

Stanley Kubrick bloopers